Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD): come si manifesta in età evolutiva

Che cos’è l’ADHD

L’ADHD (dall’inglese Attention Deficit/Hyperactivity Disorder), in italiano Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da uno specifico quadro di difficoltà che incontrano alcuni ragazzi nel: (1) mantenere la propria attenzione orientata ad un compito; (2) controllare l’impulso ad agire; (3) regolare in generale il livello della propria attività (American Psychiatric Association, 2023). Questi sintomi devono essere persistenti, inappropriati per l’età e tali da compromettere in modo significativo il funzionamento quotidiano del bambino o dell’adolescente in più contesti di vita (scuola, casa, relazioni sociali).

Un bambino con ADHD può faticare a mantenere l’attenzione su un compito per più di qualche minuto, interrompersi facilmente o agire senza riflettere. Questi comportamenti, tuttavia, non sono sempre un segno di scarso impegno o cattiva educazione: riflettono una difficoltà neurologica nel regolare i processi attentivi ed esecutivi, ovvero quelle funzioni che permettono di organizzare, pianificare e inibire le risposte automatiche. L’ADHD infatti non è semplicemente “essere vivaci” o “distratti”: si tratta di una condizione clinica complessa, che coinvolge diversi livelli di funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale.

Per questo motivo la diagnosi di ADHD deve essere clinica e multidimensionale: non basta osservare che un bambino è distratto o agitato. È necessario raccogliere informazioni da più contesti — scuola, casa, gruppo dei pari — attraverso questionari, osservazioni dirette e test neuropsicologici. Solo un’analisi attenta e incrociata permette di comprendere se le difficoltà riscontrate rispondono davvero ai criteri diagnostici del disturbo.

 

I tre volti dell’ADHD: disattenzione, impulsività e iperattività

Il disturbo si manifesta attraverso tre gruppi principali di sintomi, che possono combinarsi in modo diverso da caso a caso.

  1. Disattenzione

La disattenzione tende a manifestarsi con le seguenti difficoltà:

  • mantenere l’attenzione su un compito per un tempo prolungato, specialmente se noioso o ripetitivo;
  • prestare attenzione ai dettagli;
  • organizzarsi e pianificare le proprie attività;
  • portare a termine attività iniziate, cambiando spesso da un compito all’altro;
  • ricordare o gestire materiali scolastici e oggetti personali;
  • seguire istruzioni o conversazioni in modo continuativo.

Bambini e ragazzi con difficoltà di attenzione possono apparire sognanti, disorganizzati, con la mente altrove e in difficoltà nel portare a termine ciò che iniziano. Esempi quotidiani? Compiti scritti sul diario sbagliato, oggetti scolastici persi o dimenticati, verifiche lasciate a metà.

  1. Impulsività

L’impulsività si manifesta come la tendenza ad agire o parlare senza riflettere. I bambini e ragazzi impulsivi:

  • rispondono prima che la domanda sia completata;
  • interrompono gli altri o si intromettono nei giochi o nelle conversazioni;
  • fanno fatica ad aspettare il proprio turno;
  • faticano a prevedere le conseguenze delle proprie azioni o a evitare situazioni pericolose.

Spesso questi bambini faticano ad attendere le gratificazioni e preferiscono una piccola ricompensa immediata a una più grande ma differita.

  1. Iperattività

È forse l’aspetto più visibile, specie nei più piccoli e si riferisce alla tendenza a essere costantemente in movimento, anche in situazioni che richiedono calma o concentrazione, con un’attività motoria spesso “a-finalistica”, cioè priva di uno scopo preciso. Si manifesta con:

  • difficoltà a rimanere seduti;
  • eccessivo muoversi, agitarsi o toccare oggetti;
  • parlare in modo continuo e disorganizzato;
  • un comportamento “sotto pressione”, come se fossero “motorizzati”.

Con la crescita, tuttavia, questa componente tende a ridursi, lasciando spazio a una sensazione interna di irrequietezza più che a movimenti evidenti.

 

Diversi profili, un’unica diagnosi: i sottotipi di ADHD

A seconda di come i sintomi soprariportati si combinano, il DSM-5-TR (American Psychiatric Association, 2023) distingue tre sottotipi:

  • ADHD con predominanza di disattenzione, più frequente nelle femmine, spesso meno riconosciuto perché meno “rumoroso”. Il bambino/ragazzo appare distratto, sognante, rallentato, poco motivato;
  • ADHD con predominanza di iperattività/impulsività: il comportamento è più visibile, con difficoltà nel controllo motorio, impulsività e oppositività;
  • ADHD di tipo combinato: è la forma più comune e quella che più spesso arriva all’attenzione clinica e include sia sintomi di disattenzione sia di iperattività/impulsività.

Per parlare di ADHD, i sintomi devono manifestarsi in almeno due contesti diversi (ad esempio a scuola e a casa) e interferire in modo significativo con il funzionamento scolastico, sociale o familiare del bambino.

 

Oltre i sintomi: le difficoltà associate

Oltre ai sintomi principali, molti bambini e ragazzi con ADHD sperimentano difficoltà collaterali che possono incidere sul benessere emotivo e relazionale:

  • scarso rendimento scolastico, talvolta associato a Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA);
  • bassa autostima, dovuta a esperienze ripetute di insuccesso e rimproveri;
  • difficoltà nelle relazioni con i pari, con amicizie che si formano facilmente ma durano poco;
  • nei casi più complessi, comportamenti oppositivi o aggressività verbale/fisica.

 

Prevalenza: Quanto è diffuso l’ADHD?

A livello mondiale, l’ADHD interessa circa il 3–12% dei bambini in età scolare, con una media del 5% in Italia. Il disturbo è più frequente nei maschi (con un rapporto 4:1), ma nelle femmine, spesso meno riconosciute, tende a prevalere la forma disattenta.

 

Crescere con l’ADHD: come evolve nel tempo

L’ADHD non “scompare” improvvisamente con la crescita, ma evolve nel corso dello sviluppo.  Nei primi anni di vita (intorno ai 3 anni) possono comparire i primi segnali di iperattività; con l’ingresso alla scuola primaria (7–9 anni) emergono maggiormente le difficoltà di attenzione e organizzazione. Durante la scuola media, l’iperattività tende a diminuire, ma tendono a persistere le difficoltà di pianificazione e concentrazione e possono sopraggiungere problemi nell’autostima e nel tono dell’umore. In adolescenza e nell’età adulta, il 30–40% delle persone mostra una riduzione significativa dei sintomi, mentre nel restante 60–70% le difficoltà persistono, influenzando lavoro, relazioni sociali e affettive e gestione della vita quotidiana. In questa fase possono comparire disturbi associati come ansia, depressione, comportamenti oppositivi o abuso di sostanze.

 

Come si arriva alla diagnosi

La diagnosi di ADHD deve essere multidimensionale, con una valutazione che richiede un approccio integrato e rigoroso, che combina strumenti diversi:

  • Colloqui clinici e raccolta anamnestica da più fonti (genitori, insegnanti, bambino/ragazzo)
  • Interviste diagnostiche strutturate come la K-SADS-PL (Kaufman et al., 2016) o la DAWBA (Aebi et al., 2012);
  • Questionari standardizzati come la Conners Rating Scale (Conners, 2008) e la Child Behavior Checklist (CBCL; Achenbach, 2001);
  • test neuropsicologici per la valutazione delle funzioni esecutive e attentive.

L’obiettivo è comprendere non solo la presenza dei sintomi, ma anche il loro impatto reale sulla vita quotidiana del bambino.

 

Conclusione: riconoscere per accompagnare

Riconoscere precocemente l’ADHD significa poter intervenire in modo mirato, aiutando bambini, ragazzi e famiglie a sviluppare strategie efficaci per gestire le difficoltà e valorizzare i punti di forza. Un approccio integrato — che unisca competenze cliniche, educative e familiari — permette di sostenere lo sviluppo del bambino e del ragazzo nel suo insieme, favorendo una crescita più serena e consapevole.


A cura di Cecilia Amico, Psicologa, Specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale, PhD presso la Sigmund Freud University.


Bibliografia

  • Achenbach, T. M. (2001a). Achenbach system of empirically based assessment: School Age Forms and Profiles, Child Behavior Checklist for Ages 6-18. ASEBA.
  • Aebi, M., Kühn, C., Metzke, C. W., Stringaris, A., Goodman, R., & Steinhausen, H. (2012). The use of the development and well-being assessment (DAWBA) in clinical practice: a randomized trial. European Child & Adolescent Psychiatry, 21(10), 559–567. https://doi.org/10.1007/s00787-012-0293-6
  • American Psychiatric Association (2023). DSM-5-TR: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (5. edizione, text revision.). Raffaello Cortina.
  • Conners, C. K. (2008). Conners third edition (Conners 3). Western Psychological Services.
  • Kaufman, J., Birmaher, B., Axelson, D., Perepletchikova, F., Brent, D. and Ryan, N. (2016) K-SADS-PL DMS-5. Yale: Yale University. Trad. it. K-SADS-PL DMS-5. Edizioni Centro Studi Erikson.