Educare con l'esempio in psicologia alla SFU Milano

Educare con l’esempio, non con la paura

Riflessioni su genitorialità, castigo e autenticità

Negli ultimi anni si è riacceso il dibattito sull’educazione. In molti, soprattutto nei media, sostengono la necessità di tornare a un modello più rigido, basato su regole inflessibili e punizioni severe. Si sente spesso dire che “i genitori sono diventati troppo indulgenti” o che “bisognerebbe tornare alla mano ferma”.
Ma siamo sicuri che sia davvero questa la direzione giusta da prendere?

Educare non è controllare, ma accompagnare

Mettere limiti è necessario. Nessun bambino cresce senza regole. Ma il modo in cui quegli argini vengono costruiti e comunicati fa tutta la differenza.
Il problema non è se educare con fermezza, ma come farlo. C’è una grande differenza tra esercitare l’autorità e imporsi con autoritarismo.

Oggi sappiamo che la paura non crea rispetto, bensì crea distanza. Un figlio che obbedisce solo per timore della punizione non sta imparando a distinguere il bene dal male, ma solo a evitare conseguenze spiacevoli.
E così, il messaggio profondo che riceve è che la forza è uno strumento legittimo per farsi ascoltare. Ma educare non è domare: è aiutare a crescere.

La vera autorevolezza nasce dall’esempio. Un adulto che sa gestire le proprie emozioni, che comunica in modo chiaro, che sa dire di no senza alzare la voce, trasmette al bambino qualcosa di più profondo di una semplice regola. Gli mostra che è possibile vivere con coerenza, responsabilità e rispetto.
E questo vale molto più di mille punizioni.

Educare senza picchiare è possibile

Essere autorevoli non significa alzare la voce o punire severamente. Significa essere presenti, coerenti e capaci di ascoltare. Il genitore autorevole guida con fermezza, ma anche con empatia. Fa rispettare le regole, ma spiega il perché. Chiede rispetto, ma lo dà per primo. L’autoritarismo, invece, impone. Si aspetta obbedienza cieca, senza spazio per il dialogo. Ma l’obbedienza ottenuta con la paura non forma individui liberi e responsabili. Forma persone che obbediscono solo quando c’è qualcuno a controllare.

Educare senza picchiare è non solo possibile, ma molto più efficace.

Quando un bambino si comporta male, è più utile fermarsi, respirare, e cercare di capire cosa c’è dietro quel comportamento. Spesso un gesto che sembra “cattivo” è solo un tentativo maldestro di comunicare un bisogno, un disagio, un’emozione difficile da gestire. Invece della punizione, si può parlare con calma, spiegare perché quel comportamento non va bene, offrire alternative concrete, proporre conseguenze logiche e comprensibili, coinvolgere il bambino nella riparazione, chiedere aiuto se ci si sente sopraffatti.

Validare le emozioni è uno degli strumenti più potenti che abbiamo come adulti. Significa dire al bambino: “Capisco che sei arrabbiato”, “Mi rendo conto che per te è stato difficile”, “È normale sentirsi così in questa situazione”.

Quando un’emozione viene riconosciuta, il bambino si sente visto, compreso, accolto. E solo quando si sente accolto può davvero ascoltare, riflettere e cambiare.

Educare con rispetto

Nessuno nasce genitore pronto. Spesso si tende a ripetere ciò che si è ricevuto nell’infanzia, senza interrogarsi se sia giusto o meno. Ma crescere un figlio è anche un’occasione per crescere noi stessi. Significa guardare in faccia le nostre paure, le nostre rigidità, i nostri bisogni non risolti. E scegliere, consapevolmente, che tipo di adulti vogliamo essere.

Educare con rispetto non vuol dire essere permissivi, ma saper mettere insieme affetto, regole, pazienza e fiducia. Significa sapere che i figli non sono il nostro riflesso, ma persone uniche. E che il nostro compito non è controllarli, ma accompagnarli.

Un bambino educato con amore e coerenza impara a fidarsi. Impara a scegliere, a sbagliare, a rialzarsi. E sa che, qualunque cosa succeda, ci sarà un adulto lì pronto ad ascoltarlo. Non un giudice, ma un alleato.

La vera forza di un genitore non sta nel punire, ma nel capire.

Non nel piegare, ma nel guidare.

Non nel farsi obbedire, ma nel farsi seguire.

Il ruolo degli psicologi

Formare psicologi capaci di lavorare con i bambini, ma anche con chi li educa, è una responsabilità grande e urgente. Alla SFU Milano, il percorso magistrale in Psicologia Clinica dell’Età Evolutiva nasce con questo obiettivo: preparare professionisti in grado di offrire un supporto a 360°, lavorando non solo con il bambino, ma anche con genitori, insegnanti ed educatori.

Perché, come abbiamo visto, crescere bene significa essere accompagnati da adulti consapevoli, formati, capaci di ascoltare e intervenire nel modo giusto, al momento giusto.
E questo si costruisce, giorno dopo giorno, anche all’università.


A cura di Simona Scaini, Vicedirettore del Dipartimento di Psicologia, Psicologa e Psicoterapeuta, Full Professor in Psicologia dello Sviluppo.


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