Il relatore, Dott. Tommaso Ciulli, illustra la propria esperienza di ricerca nell’ambito di uno studio messo a punto dall’Università di Trento. Esso si colloca all’interno di un programma scientifico più vasto, condotto a livello europeo: il progetto Co-Adapt, basato su strumenti di intelligenza artificiale (IA).
Messaggio pubblicitario Nel generale contesto del processo di invecchiamento della popolazione, Co-Adapt è un progetto volto a migliorare il benessere psicologico e la qualità della vita delle persone nella loro delicata fase di cambiamenti biologici e di mutamenti esterni – quali la tecnologia – imposti dal tempo.
Più specificatamente, l’obiettivo del progetto è offrire alle persone che lavorano e stanno invecchiando un supporto costante da remoto per monitorarne lo stato di salute e/o l’evoluzione di una terapia in corso. Ma anche per aiutare in età matura a gestire lo stress all’interno del contesto lavorativo e sociale e rimanere attivi.
In psicoterapia, già con la ICT e specifiche APPs sono stati raggiunti ragguardevoli traguardi in tre macroaree: le persone (ad esempio, riguardo al dropout), la società (ad esempio, lo stigma sociale), i servizi (ad esempio, riguardo all’adeguatezza delle risorse e ai livelli dei costi). Infatti, l’ICT ha permesso una maggiore accessibilità ai servizi e un abbattimento dei loro costi, nonché un decremento nel dropout. I benefici delle APPs si concretizzano nella possibilità di raggiungere milioni di persone; nei costi nulli o, comunque, molto bassi; nell’accessibilità lungo tutto l’arco della giornata; nel data collection.
Ma non è tutto oro quel che luccica. Le APPs presentano degli svantaggi: sono prefigurate, e quindi hanno una bassa possibilità di profilare gli utenti; spesso non vi sono dei professionisti dietro queste APPs; poche presentano una robusta evidenza scientifica; di frequente i professionisti non vengono neppure coinvolti nella loro progettazione; esse, sebbene in grado di collezionare dati, non permettono ai professionisti di sfruttarli utilmente, un problema questo collegato alla scalabilità.
Messaggio pubblicitario Il connubio fra APPs e IA supera molti di questi problemi e arricchisce notevolmente la cassetta degli attrezzi in dotazione ai professionisti/psicoterapeuti. Nell’ambito del progetto Co-Adapt, l’Università di Helsinki ha formulato dei criteri per aiutare i lavoratori appartenenti a diverse categorie (colletti bianchi e non) ad affrontare sotto il profilo psicologico il proprio lavoro (vengono scandagliate quattro caratteristiche fondamentali: Environment, Adaption, Habit, Awarness).
Con il progetto Co-Adap, i ricercatori hanno creato una macchina di IA in grado di aiutare l’utente/paziente: si tratta dell’agente artificiale “Conversional Agent” (CA), un agente conversazionale in grado di interagire e dialogare con la persona e di riconoscerne gli stati di disagio. Esso è costituito da due componenti: un’APP e un dispositivo indossabile – un braccialetto o un anello – in grado di misurare alcuni parametri fisiologici dell’utente da cui rilevare segnali che indicano uno stato di ansia, di stress, di umore basso.
Il progetto è articolato in otto fasi; tuttavia, il Covid ne ha rallentato la marcia e si è appena conclusa la seconda. Ma com’è noto, da uno shock – quale appunto quello pandemico – nascono opportunità e sfide cui far fronte. La sfida Covid ha dunque messo alla prova la macchina artificiale.
Ma è necessario soffermarci sugli aspetti cruciali e problematiche di cui soffre ancora il progetto Co-Adap: la sicurezza, i risvolti etici, la bassa intelligenza del Conversional Agent. I progressi prospettici fanno sì che il CA, oltre a capire lo stato d’animo dell’utente-paziente e a rivolgergli delle domande, sarà in grado di instaurare una maggiore proficua interazione. Sarà in grado anche di fornire suggerimenti al paziente, basati sulle indicazioni del terapeuta. Inoltre, sarà in grado di fornire degli alert al terapeuta mediante la frequenza dell’uso dei termini, gli argomenti (per esempio, le relazioni con i colleghi), i toni del paziente.
A parere di chi scrive, ci confrontiamo con frontiere affascinanti, con l’apertura a sfide sempre più elevate, con creatività sempre più sofisticate. Tuttavia, il rapporto tra il CO e il paziente manca di quella granularity che possa suggerire determinati segnali al professionista con una adeguata accuratezza ed efficienza (forse anche nel futuro).