Fino a domenica 11 teatro al Piccolo Teatro va in scena “Freud o l’interpretazione dei sogni”: opera teatrale direttamente ispirata al capolavoro del padre della psicanalisi, precursore della psicologia moderna. Pur nella sua straordinaria importanza nella cultura occidentale moderna e nonostante le sue tante suggestioni simboliche e narrative, “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud non era mai stata trasformata in uno spettacolo, prevalendo forse una sorta di timore reverenziale. Scritta da Stefano Massini, messa in scena dal regista Federico Tiezzi e interpretata da Fabrizio Gifuni nel ruolo di Freud, l’opera riprende alcuni dei casi clinici più famosi raccontati da Freud nel suo capolavoro, raccontando attraverso di essi la complessa genesi della teoria freudiana sul significato dei sogni.
Spettacolo totale
La regia di Federico Tiezzi utilizza tutti gli strumenti a disposizione dell’arte teatrale contemporanea per ottenere uno spettacolo totale: proiezioni cinematografiche, costumi sorprendenti, musiche, luci, cambiamenti di scena, scenografie mobili e mutevoli. Il risultato è un’opera coinvolgente e dal grande impatto visivo, oltre che narrativo. Personaggio principale è lo stesso Freud di volta in volta affiancato da alcuni dei suoi pazienti più celebri: Tessa W., Wilhelm T., Greta S., Ludwig R., Oskar R., Elga K., Clarissa F., Solomon F., Elfriede H., Hernest D., Martha. Di ognuno vengono raccontati i sogni e le nevrosi, fino allo svelamento del significato profondo del malessere e alla liberazione. Ma lo spettacolo parla anche e soprattutto del dottor Freud, dei sui dubbi e ripensamenti, dei suoi sogni, della fatica dell’elaborare la sua teoria e dello spavento di trovarsi al cospetto dell’inconscio dei suoi pazienti e ancor più del suo. Nel suo insieme, l’opera ricostruisce la genesi della teoria freudiana sulla psicanalisi, svelandone l’affinità con il meccanismo teatrale.
Il teatro dei sogni
Nella teoria psicanalitica di Freud il meccanismo di funzionamento dei sogni ricorda quello del teatro: i sogni sarebbero come delle messe in scena di desideri o pulsioni reali, ma filtrati da simboli e spostamenti di significati, un po’ come se la realtà interiore decidesse di “mascherarsi” per non farsi riconoscere dalla coscienza. Freud identificò l’origine di questa attività interiore nel recupero di elementi secondari del pensiero, materiali di scarto. Il legame tra Freud e il teatro è evidente anche nella teoria psicanalitica che, come è noto, per spiegare le dinamiche del mondo interiore ricorre spesso a miti e tragedie greci. Eppure sembra che Sigmund Freud non fosse un grande appassionato né frequentatore di teatri. Certo ogni tanto ci andava, soprattutto da giovane, ma non fu mai una sua grande passione. Un autore a cui si avvicinò molto fu il viennese Arthur Schnitzler, di cui ammirava la capacità di introspezione al punto da esserne spaventato poiché gli dava l’impressione che il drammaturgo fosse un suo doppio. Forse anche per questo, Freud attese circa vent’anni prima di accettare un invito di Schnitzler a incontrarsi: un lungo periodo durante il quale i due esploratori della mente non mancarono di scambiarsi diverse lettere.
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