La disforia di genere: un disagio profondo legato all’identità
La disforia di genere (GD) si verifica quando il genere assegnato alla nascita non corrisponde a quello con cui una persona si identifica. Questo stato può causare una profonda sofferenza, che emerge già durante l’infanzia. Bambini con GD spesso preferiscono abiti, giochi e ruoli stereotipicamente associati al genere opposto. È necessario evidenziare che questi comportamenti, cosiddetti “gender variant”, non sono di per sé patologici; la patologia legata alla GD nasce quando questa condizione causa sofferenza alla persona che la esperisce, se non una vera e propria compromissione del funzionamento in aree vitali ed esistenziali importanti. In età adulta, il disagio può evolversi in un forte desiderio di modificare le proprie caratteristiche sessuali primarie e secondarie per allinearle alla propria identità di genere (American Psychiatric Association, 2022).
Disturbi alimentari: una sfida per il benessere fisico e mentale
I disturbi alimentari (EDs) prevedono un alterato consumo di cibo che comporta problemi a livello fisiologico e/o psicologico. Tra i più comuni troviamo l’anoressia nervosa (AN), la bulimia nervosa (BN) e il disturbo da binge eating (BED). Essi implicano una distorsione dell’immagine corporea, e dunque una preoccupazione eccessiva per la forma e il peso del proprio corpo accompagnata da sentimenti di disagio quali disgusto e vergogna.
L’unico criterio che distingue l’AN dalle altre due diagnosi è il peso: se il paziente è sottopeso (IMC < 18,5 kg/m²) rientra nell’area dell’AN. Alcune persone possono passare dall’AN alla BN aumentando di peso, e dunque rientrando nel normopeso (IMC ≥ 18,5 kg/m²). Infine, tutti e tre i disturbi prevedono episodi di abbuffata, ma ciò che differenzia il BED dalle altre due diagnosi è che quest’ultimo non implica che gli episodi di abbuffata siano seguiti da condotte compensatorie quali vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o eccessiva attività fisica (American Psychiatric Association, 2022).
La connessione tra disforia di genere e disturbi alimentari
La disforia di genere e i disturbi alimentari condividono una caratteristica comune: l’insoddisfazione verso la propria immagine corporea. Durante la pubertà, fase critica per lo sviluppo di entrambi i disturbi, i sintomi della GD possono intensificarsi, aumentando il rischio di EDs. Studi mostrano che le persone transgender e non binarie sono particolarmente vulnerabili a sviluppare disturbi alimentari, con una prevalenza che varia dal 2% al 18% (Coelho et al., 2019).
C’è da tenere in considerazione che per un adolescente/giovane adulto transgender le problematiche non sono unicamente legate al genere, ma anche ad eventi stressanti esterni (quali i cambiamenti puberali, la difficoltà ad accedere a programmi gender affirming, l’eventuale rifiuto da parte della famiglia e la discriminazione sociale) (Delozier et al., 2020), che potrebbero fungere da fattori favorevoli all’eventuale sviluppo di un ED.
Un tema ricorrente è l’utilizzo della restrizione alimentare e/o dei comportamenti compensatori quali mezzi efficaci per far sì che il proprio corpo appaia maggiormente conforme al genere a cui si sente di appartenere (per esempio: in un uomo transgender, per inibire lo sviluppo del seno e/o per far cessare il ciclo mestruale; in una donna transgender, per far sì che il proprio corpo rispecchi gli ideali stereotipici di bellezza femminile socialmente definiti). In particolare, ciò accade in contesti in cui manca un’adeguata assistenza medica gender affirming, e talvolta i giovani transgender tendono perfino a non percepire i loro comportamenti quali sintomi di un ED (Coelho et al., 2019).
Si è visto in proposito, che le cure mediche gender affirming (che comprendono la terapia ormonale, la ricostruzione del torace, la vaginoplastica e la falloplastica) portano a una diminuzione (remissione completa, in alcuni casi) dei sintomi ED (Hartman-Munick et al., 2021).
Trattamento: com’è e come dovrebbe essere
Gli adolescenti e i giovani adulti transgender non ricevono solitamente molta attenzione dai sistemi sanitari, e ciò implementa il rischio che queste persone sviluppino diversi problemi psicologici quali depressione, ansia, EDs, autolesionismo e suicidio. Inoltre, quando si parla di EDs, la ricerca tende a focalizzarsi su donne cisgender (Coelho et al., 2019; Hartman-Munick et al., 2021), quando è stato evidenziato che gli adolescenti/giovani adulti transgender con un ED sono venti volte più a rischio suicidario rispetto alle donne cisgender con un ED o alle persone transgender senza un ED (Duffy et al., 2019).
A tal proposito, è di estrema importanza educare i professionisti tramite dei training specifici, che siano incentrati sul trattamento degli EDs e che prendano in considerazione anche le problematiche legate al genere. È dunque fondamentale che si trovi un punto d’incontro tra i programmi per il trattamento degli EDs e i programmi gender affirming (Hartman-Munick et al., 2021). Difatti, somministrare a una persona transgender un trattamento EDs che abitualmente si utilizza per individui cisgender è generalmente inefficace. Per esempio, un programma di trattamento EDs che si focalizza sull’accettare il proprio corpo può essere problematico per una persona transgender, poiché potrebbe andare ad aumentare i sentimenti di disforia.
Per adattare i trattamenti EDs alla popolazione transgender, si potrebbe partire utilizzando i consigli estrapolati dalle esperienze vere e proprie di persone transgender, oppure assumendo esperti che facciano parte essi stessi di questa categoria, di modo che possano capire a pieno l’esperienza dei pazienti. Ci vorrebbe inoltre la progettazione di un piano nutrizionale apposito per le persone transgender, che sia strutturato in base da soddisfare, se necessario, i bisogni di un corpo sottoposto a una terapia ormonale. Infine, è indispensabile avere un atteggiamento accogliente verso i pazienti transgender, e ciò vale a dire: utilizzare il loro vero nome (e non il deadname) e i pronomi da loro scelti e, soprattutto, validare l’esperienza del singolo e l’unicità delle sue emozioni, anziché limitarsi a seguire un protocollo standardizzato (Hartman-Munick et al., 2021).
A cura di Silvia Bettoni, MSc e dottorando di ricerca presso la Sigmund Freud University.
Bibliografia
American Psychiatric Association. (2022). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed., text rev.). https://doi.org/10.1176/appi.books.9780890425787
Coelho, J. S., Suen, J., Clark, B. A., Marshall, S. K., Geller, J., & Lam, P. Y. (2019). Eating disorder diagnoses and symptom presentation in transgender youth: A scoping review. Current Psychiatry Reports, 21(11), 1–10. https://doi.org/10.1007/s11920-019-1097-x
Delozier, A. M., Kamody, R. C., Rodgers, S., & Chen, D. (2020). Health disparities in transgender and gender expansive adolescents: A topical review from a minority stress framework. Journal of Pediatric Psychology, 45(8), 842–847. https://doi.org/10.1093/jpepsy/jsaa040
Duffy, M. E., Henkel, K. E., & Joiner, T. E. (2019). Prevalence of self-injurious thoughts and behaviors in transgender individuals with eating disorders: A national study. Journal of Adolescent Health, 64(4), 461–466. https://doi.org/10.1016/j.jadohealth.2018.07.016
Hartman-Munick, S. M., Silverstein, S., Guss, C. E., Lopez, E., Calzo, J. P., & Gordon, A. R. (2021). Eating disorder screening and treatment experiences in transgender and gender diverse young adults. Eating Behaviors, 41, 101517. https://doi.org/10.1016/j.eatbeh.2021.101517