Credenze distorte su di sé e fusione cognitiva
A tutti può capitare di criticarsi nel dialogo interno con sé stessi e di avere dei pensieri negativi su di sé, soprattutto in seguito a un evento spiacevole, ad esempio non aver superato un esame o non aver raggiunto un obiettivo lavorativo. Tuttavia, se abbiamo la tendenza a valutare la realtà attraverso quelle che Aaron Beck – uno dei fondatori della terapia cognitiva – definiva “distorsioni cognitive” (Beck, 1963, 1976), tali pensieri negativi possono emergere con maggiore frequenza e diventare delle vere e proprie credenze distorte su di sé. Ad esempio, se tendiamo a leggere le nostre esperienze attraverso la lente della squalifica del positivo e dell’attenzione al negativo, sarà sufficiente un evento spiacevole per valutarci esagerando irragionevolmente il negativo, minimizzando al contempo le nostre azioni e qualità positive, giungendo inevitabilmente ad avere un’idea di noi stessi piuttosto sfavorevole. Potremmo così arrivare a pensare “Sono un fallimento” dopo un esame andato male, nonostante – magari – tutti gli esami dati in precedenza siano stati superati con ottimi voti.
Questi pensieri negativi su noi stessi diventano particolarmente dannosi per il nostro benessere quando li interpretiamo non per ciò che sono (dei pensieri, per l’appunto), ma come dati di fatto plausibili, identificandoci completamente con il loro contenuto e non provando neanche a metterli in discussione, con un chiaro impatto negativo sulla nostra autostima (Caselli et al., 2017; Presti & Miselli, 2018). Infatti, una cosa è pensare “In questa particolare occasione, ho avuto il pensiero di essere un fallimento”, mentre fondersi con il contenuto di tale pensiero, interpretandolo come un dato concreto su noi stessi (“Sono un fallimento, punto”) è tutta un’altra storia.
La ruminazione autocritica
Separare il proprio valore personale da questi pensieri negativi diventa ancora più difficile se tendiamo a ruminare autocriticamente (Smart et al., 2016), analizzando eventi spiacevoli che sono accaduti attraverso uno stile di pensiero negativo e ripetitivo, volto a ricercare la causa di tali eventi esclusivamente nel proprio comportamento o nella propria personalità, svalutandosi e focalizzandosi esclusivamente sui propri difetti e mancanze. Anche se possiamo credere che compiere questo sforzo di “auto-analisi” possa aiutarci a comprendere meglio le cause di un evento spiacevole, la ruminazione autocritica non fa altro che mantenere la mente concentrata sui contenuti negativi, impedendoci di avere una più ampia visione d’insieme (ad esempio, osservando che è vero che non abbiamo superato un esame, ma che ne abbiamo affrontati brillantemente molti altri), favorendo altresì l’emergere e il perseverare di sentimenti di tristezza (Caselli et al., 2017). Inoltre, le conclusioni di una lunga catena di ruminazione autocritica sono inevitabilmente ulteriori credenze negative su di sé: insomma, un cane che si morde la coda!
Un esempio pratico
Proviamo a vedere tutti gli elementi di cui abbiamo parlato in azione, riprendendo l’esempio già menzionato. Un esame non è andato bene, e un po’ di abbattimento è più che normale. Però, inizi ad analizzare questo evento attraverso la lente delle distorsioni cognitive: “Questo esame andato male è la prova di quanto io sia uno stupido. Non importa se gli altri sono andati bene, sono stato solo fortunato, infatti questo è andato male. Se non vado sempre bene negli esami, sono un fallimento”. Questo fa sì che il pensiero di essere uno stupido o un fallito non sia breve e transitorio (per poi magari lasciare spazio a un pensiero più propositivo, come “Posso ridarlo preparandomi di più, e andrà bene come gli altri che ho già affrontato!”), ma lo rende più concreto ai tuoi occhi, come se fosse un dato di fatto, portandoti a identificarti con esso – con conseguenze deleterie per la tua autostima. Per cercare di capire meglio le tue responsabilità e i tuoi errori, inizi allora a ruminare autocriticamente: “Riguardo il voto sul sito dell’università e mi sento uno stupido. Mi viene in mente l’immagine del professore che mi dice che ci vediamo al prossimo appello e sento la stessa vergogna che ho provato in quel momento, mi viene da piangere… Come ho fatto a pensare di essere pronto per l’esame se poi non l’ho superato? Che stupido! Avrei dovuto sapere che la mia preparazione non era sufficiente, ma non me ne sono accorto perché non riesco a fare neanche questo. Sono veramente un fallimento”. Ed ecco che, invece che aiutarti a comprendere meglio cos’è successo e motivarti a dare il meglio alla prossima occasione, la ruminazione non fa altro che rafforzare i pensieri negativi su di te, facendoti sentire ancora peggio di prima.
La buona notizia è che la tendenza a osservare la realtà attraverso le distorsioni cognitive, a identificarsi con il contenuto dei propri pensieri e a ruminare non sono qualcosa che ci appartiene in via definitiva: possiamo infatti riconoscere questi meccanismi quando li mettiamo in atto e prenderne le distanze, imparando a utilizzare delle strategie diverse più funzionali per il nostro benessere.
In cosa consiste il percorso Risvegliare la fiducia in sé stessi?
Se ti senti sopraffatto dai pensieri negativi, il percorso Risvegliare la fiducia in sé stessi potrebbe fare al caso tuo. Si tratta di un percorso di supporto psicologico rivolto ai giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, durante il quale imparerai a prendere le distanze dalle credenze distorte che hai su di te e che possono avere un impatto negativo sulla tua autostima, apprendendo inoltre delle tecniche utili per abbandonare la ruminazione autocritica.
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A cura di Silvia Carrara, MSc Sigmund Freud University di Milano e tirocinante presso Studi Cognitivi.
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Bibliografia
Beck, A. T. (1963). Thinking and Depression: I. Idiosyncratic Content and Cognitive Distortions. Archives of General Psychiatry, 9(4), 324–333. https://doi.org/10.1001/archpsyc.1963.01720160014002
Beck, A. T. (1976). Cognitive Therapy and the Emotional Disorders. International Universities Press.
Caselli, G., Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2017). Rimuginio. Teoria e terapia del pensiero ripetitivo. Raffaello Cortina Editore.
Presti, G., & Miselli, G. (2018). Acceptance and Commitment Therapy. In G. Melli & C. Sica, Fondamenti di psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale. Edizioni Centro Studi Erickson.
Smart, L. M., Peters, J. R., & Baer, R. A. (2016). Development and Validation of a Measure of Self-Critical Rumination. Assessment, 23(3), 321–332. https://doi.org/10.1177/1073191115573300