Apprendere una nuova lingua: gli aspetti psicologici

Apprendere una nuova lingua può essere difficile o facile. Ci sono persone più predisposte all’acquisizione delle lingue, altre meno; alcuni imparano le lingue senza studiare e altri le studiano senza imparare. Come mai? Per capirlo occorre partire da molto lontano. Apprendere una lingua, d’altronde, richiede l’utilizzo di varie abilità cognitive, comportamentali e ambientali.

La ricerca scientifica da tempo si occupa di individuare quali siano i fattori predisponenti a questo processo.

Gran parte dell’apprendimento di una nuova lingua è dovuto non solo a una particolare predisposizione personale, genetica o biologia, ma anche dall’esperienza e dall’ambiente in cui si cresce.

Stile di apprendimento

L’apprendimento di una lingua dipende, sostanzialmente, dal così detto stile d’apprendimento, ovvero la tendenza personale a imparare e studiare secondo una modalità del tutto personale. Lo stile di apprendimento, in particolare delle lingue, è un concetto che include e coinvolge non solo gli aspetti cognitivi, ma anche quelli sociali, affettivi, caratteriali e culturali che possiede una persona.
Lo stile d’apprendimento, dunque, è strettamente connesso allo stile cognitivo, e si configura, per certi versi, come un suo prolungamento, o meglio una sua applicazione in un contesto ben preciso, in questo caso quello formativo/scolastico.

L’apprendimento linguistico, dunque, risulta essere il risultato dell’interazione tra numerosi fattori di diversa natura, che portano ad applicare modalità di apprendimento assolutamente diverse, dipendenti dalla specifica persona che li applica. Quindi, in questo fenomeno sono coinvolti processi cognitivi, meta-cognitivi e mnemonici uniti alla variabilità caratteriale che rende il tutto squisitamente soggettivo (Hahne & Friederici, 2001).

I processi cognitivi

Prima ancora di attivare i processi cognitivi, per analizzare e poi memorizzare una nuova lingua, è necessario raccogliere dati dall’ambiente esterno attraverso l’utilizzo di canali sensoriali. Nell’apprendere una lingua è possibile utilizzare la vista e l’udito, ma esistono persone che attivano diverse modalità sensoriali simultaneamente e sono definite cinestetiche. Questo ultimo processo, si verifica in particolare in alcune culture, dove l’apprendimento linguistico è associato all’utilizzo di danze, movimenti e rituali.
Inoltre, alcune persone per apprendere adottano strategie percettive globali, che consentono di confrontare l’input ricevuto con le conoscenze pregresse, lavorando sulle somiglianze e sulla semplificazione dei vocaboli appresi. Altri, invece, adottano strategie percettive analitiche confronta l’input con quanto già conosce, facendo leva però su differenze e contrasti (Auksztulewicz & Friston, 2016).

Inoltre, coloro che utilizzano la modalità globale risultano più dipendente dal campo, ossia predisposti a considerare il contesto d’apprendimento come una risorsa. Invece, che è indipendente dal campo sarà in genere più analitico, potrebbe preferire il lavoro individuale e nell’apprendere una lingua probabilmente tenderà a soffermarsi sui dettagli e a concentrarsi sull’input strettamente linguistico (Balboni, 2008).

La dimensione processuale e le aree cerebrali implicate

L’apprendimento si verifica nel momento in cui le informazioni sono processate attraverso precise funzioni cognitive che consetono di elaborare il materiale raccolto attraverso gli organi sensoriali. L’apprendimento, dunque, avviene attraverso la creazione di una rappresentazione mentale relativa ai passaggi da compiere e l’analisi sequenziale di ogni singola variabile da apprendere.

Dopo avere creato una rappresentazione mentale relativa allo stimolo, essa passa ella memoria a lungo termine attraverso due modalità:

  1. visuo-spaziali, ovvero immagini mentali che attivano il sistema visivo e, dunque, si coinvolgono le aree occipitale e temporale del cervello;
  2. lineari, dove l’informazione linguistica è organizzata in sequenze lineari, quando si apprendono pochi elementi in sequenza, o gerarchiche di elementi, implicando circuiti cerebrali più specifici e delocalizzati.

Esistono, dunque, persone che prediligono apprendere una lingua attraverso la formazione di immagini mentali, e tendono ad associare rappresentazioni visive alle parole, azioni o situazioni concrete, quindi facendo ricorso alla memoria episodica; altri, invece, memorizzano chunk, unità di informazione linguistiche, a partire dalle loro caratteristiche fonetiche o grafiche e utilizzano la memoria semantica (Mestres-Missé et al. 2008).
Le aree cerebrali, dunque, che sottendono la facoltà di parlare e comprendere il linguaggio sono l’area di Broca, che si trova nel lobo frontale, e l’area di Wernicke, posta nella regione temporale.

In particolare l’area di Broca, dove avviene la traduzione dei pensieri nella lingua parlata, durante l’apprendimento linguistico aumenta le connessioni cerebrali con l’area di Wernicke, che produce il linguaggio, oltre che con l’insula anteriore sinistra/opercolo frontale, implicata nella scorrevolezza verbale e con la zona della circonvoluzione temporale superiore sinistra, visual word form area (VWFA), che si attiva durante la lettura. La presenza di maggiori connessioni tra queste aree rende la mente più flessibile e plastica (Weber et al. 2016).

Ma come mai alcune persone imparare le lingue più facilmente e altre molto meno?
Secondo i ricercatori, imparare le lingue implica una predisposizione innata derivata dalla presenza di una maggiore connettività tra le aree sopra indicate. Fortunatamente, però, la predisposizione del cervello non è l’unico fattore, ma molto è determinato anche dal contesto e dal carattere (Price et al., 2015).

Il contesto e le variabili personali

Il contesto sociale svolge un ruolo molto importante nel processo di apprendimento. Per questo, l’ambiente classe o familiare, il rapporto con i compagni e con l’insegnante sono determinanti nello svolgimento di questo processo.

Le principali categorie da tenere in considerazione sono dunque:

  1. competizione vs. collaborazione: la competizione è legata alla necessità di emergere nel gruppo classe, di ricevere riconoscimenti, e di lavorare individualmente; la collaborazione mira alla necessità di lavorare insieme agli altri, condividere esperienze, conoscenze, compiti;
  2. intrasoggettività vs. intersoggettività: ovvero percezione di sé in relazione all’ambiente e agli altri. Quindi, una personalità intrasoggettiva predilige l’autoanalisi, l’autovalutazione e anche in contesti cooperativi tende a mettere in evidenza il proprio personale contributo al gruppo e a ricercare il contributo che il gruppo può dare alla propria crescita personale, mentre una persona intersoggettiva predilige la socializzazione, la conoscenza dell’altro e apprende attraverso la mediazione sociale e la condivisione delle conoscenze;
  3. indipendenza vs. dipendenza: consiste nel desiderio di mostrare autonomia e indipendenza nel rapporto con gli altri e si predilige lavorare da solo; al contrario una persona dipendente considera l’insegnante come un’autorità, tende a seguire rigorosamente le sue indicazioni e ha poca percezione della sua autonomia formativa.

Il modo in cui si instaurano determinate relazioni nell’ambiente d’apprendimento, e dunque si attuano determinati atteggiamenti socio-relazioni, può derivare anche da alcuni tratti del nostro carattere (Perani & Abutalebi, 2005).

Soggettività e carattere

Ogni singolo soggetto può adottare uno stile di apprendimento diverso, che è determinato dalle caratteristiche personali. In particolare è possibile individuare uno stile innovativo, che porta a spingersi oltre al compito assegnato, ad approfondire, e a livello cognitivo sperimentare nuovi schemi mentali. Al contrario, chi manifesta uno stile conservativo tende ad accumulare nozioni, concetti, lessico e strutture morfosintattiche, limitandosi però al semplice riutilizzo delle stesse, senza una vera rielaborazione del materiale appreso (Auksztulewicz & Friston, 2016).

Il caratteriale, infine, gioca un ruolo fondamentale rispetto a come ci si approccia al compito da svolgere. Infatti, persone impulsive, preferiscono attività rapide e molteplici, e prediligono l’azione rispetto alla riflessione, invece, persone riflessive desiderano avere a disposizione tutto il tempo necessario per svolgere le attività tranquillamente, senza fretta. Gli impulsivi, potenzialmente, sviluppano una concezione pragmatica della lingua e tendono a comunicare fin da subito, mentre i riflessivi attribuiscono importanza alla forma e preferiscono prima apprendere le strutture ed arricchire il lessico, e poi, riutilizzare quanto appreso per comunicare.

inoltre, coloro che presentano un tratto caratteriale di tipo estroverso tendono a dimostrare più sicurezza nelle proprie capacità linguistiche. Viceversa, una persona avente un temperamento introverso sarà meno sicuro all’interno dell’ambiente d’apprendimento.

 

Francesca Fiore

 

Bibliografia

Auksztulewicz, R., & Friston, K. (2016). Repetition suppression and its contextual determinants in predictive coding. Cortex, 80, 125-140.
Balboni P.E., 2008, Le sfide di Babele, Torino, Utet Università.

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Perani, D., & Abutalebi, J. (2005). The neural basis of first and second language processing. Current opinion in neurobiology, 15(2), 202-206.

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Tooley, K. M., & Bock, K. (2014). On the parity of structural persistence in language production and comprehension. Cognition, 132(2), 101-136.

Weber, K., Christiansen, M. H., Petersson, K. M., Indefrey, P., & Hagoort, P. (2016). fMRI syntactic and lexical repetition effects reveal the initial stages of learning a new language. Journal of Neuroscience, 36(26), 6872-6880.