Tormentato e violento, ma al tempo stesso dotato di una creatività rivoluzionaria: Caravaggio fu uno degli artisti che più incarnarono la definizione di “genio e sregolatezza”. Figura cardine della storia dell’arte italiana ed europea, le sue opere travolsero i canoni rinascimentali introducendo un nuovo realismo, reso in modo drammatico da un uso sapiente della luce. Non a caso la sua vicenda personale e artistica attira da sempre l’attenzione degli psicologi, affascinati dalla sua capacità di esprimere le emozioni, in particolare quelle legate alla morte. Una grande mostra a Palazzo Reale porta il visitatore all’interno del processo creativo, svelando genesi ed evoluzione delle tele attraverso tecnologie d’avanguardia e ricerche d’archivio.
La mostra a Palazzo Reale
Come anticipa il titolo, la particolarità della mostra “Dentro Caravaggio” in corso a Palazzo Reale sta nella sua capacità di far entrare il visitatore all’interno dell’opera di Caravaggio, attraverso tecnologie diagnostiche e nuove carte raccolte negli Archivi di Stato di Roma e Siena. Grazie ai risultati di una lunga campagna di studio condotta dal Mibact sull’intera produzione pittorica de maestro vengono portati alla luce i ripensamenti e le correzioni applicate nel corso degli anni, svelandone il processo creativo in tutto il suo dinamismo. La ricostruzione è integrata da documenti d’archivio che ricollocano con maggiore precisione le opere giovanili, proponendo una versione giù aggiornata dell’evoluzione artistica di uno dei maestri della pittura moderna. L’esposizione prosegue fino a fino a domenica 28 gennaio; tutte le informazioni sono sul sito Dentro Caravaggio.
Realismo e sgregolatezza
Il Caravaggio è uno fra gli artisti più studiati dagli psicologi: la sua vita turbolenta e fuori dalle regole ha attratto innumerevoli tentativi di ricostruirne la personalità e legarla all’opera pittorica, assolutamente rivoluzionaria per realismo e drammaticità. Ribelle e violento, Caravaggio alternava la pittura al gioco e al bere. Fu coinvolto in numerose risse e in una di esse uccise un uomo, tanto che trascorse gli ultimi anni della sua vita in costanti fughe e scontri con le autorità. Paradossalmente, i continui spostamenti per sfuggire alle catture gli permisero di viaggiare in tutta Italia conoscendo diversi ambienti artistici. Una particolarità di molte sue opere sta nella raffigurazione della violenza e della morte in modo al tempo stesso realistico e denso di simbologie: il volto dell’artista, ad esempio, compare come autoritratto nella testa sgozzata di Oloferne in Giuditta e Oloferne (1602) e in quella decapitata di Golia nel dipinto Davide e Golia (1609).
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