Emozioni e ricordi: uno studio sulla pubblicità progresso

La pubblicità progresso mira a risvegliare la consapevolezza su questioni sociali per modificare il modo in cui vengono considerate e indurre comportamenti virtuosi nelle persone. Come quella prettamente commerciale, anche questa forma di pubblicità tenta di coinvolgere emotivamente il pubblico per risultare più efficace: molti studi hanno dimostrato che quanto più gli spettatori vengono emozionati, tanto più facilmente passerà il messaggio dello spot. Questi aspetti, però, erano e sono ancora poco indagati per il settore specifico della pubblicità progresso, che si occupa di temi più complessi ed emotivamente coinvolgenti. Una ricerca pubblicata nel 2017 sul Journal of consumer behavior ha colmato questa lacuna analizzando la risposta a due video riguardanti un tema molto delicato: le mutilazioni genitali femminili. Alla sua realizzazione ha partecipato Annalisa Oppo, docente di Psicologia generale e Metodi di ricerca qualitativi e quantitativi alla Sigmund Freud University.

 

Comunicare senza traumatizzare

L’obiettivo della ricerca The impact of emotions on recall: an empirical study on social ads era studiare il legame tra emozioni e memoria nell’ambito della pubblicità progresso. Lo studio si è basato su un esperimento che ha coinvolto 40 giovani donne: a ognuna sono stati mostrati due video sulle mutilazioni genitali femminili, uno pensato per suscitare tristezza e l’altro rabbia. L’intensità dell’attivazione emotiva è stata misurata attraverso questionari e misurazioni psicofisiche come la conduttanza elettrica della pelle e il blinking: come previsto, lo spot tarato sulla rabbia suscitava emozioni più intense. A distanza di 4 mesi ai partecipanti è stato chiesto di ricordare cosa avessero visto nei video: anche se quello ispirato alla rabbia veniva ricordato con maggiore accuratezza, in realtà entrambi erano rimasti impressi nella memoria dei partecipanti. Molti di loro, inoltre, hanno dichiarato di preferire nettamente il video con un messaggio meno violento. L’esperimento ha quindi dimostrato che lo stile narrativo proprio della pubblicità commerciale, basato sul suscitare emozioni forti, non è sempre adatto nel caso della pubblicità progresso.

 

Misurare la risposta emotiva

Come si misura un’emozione? Ciò che può sembrare un ossimoro è in realtà un aspetto metodologico centrale nelle scienze psicologiche, seppur forse impossibile da risolvere in modo definitivo. Le varie tecniche per misurare l’intensità della risposta emotiva possono essere raggruppate in due grandi gruppi, quelle puramente qualitative e quelle quantitative: le prime si basano essenzialmente su questionari e interviste, le seconde sulla valutazione di parametri neuro fisiologici. In questo ambito rientrano metodi come la misurazione della conduttanza elettrica della pelle e cioè della velocità di trasmissione dell’energia elettrica, proporzionale al grado di sudorazione, a sua volta legato all’attivazione del sistema nervoso parasimpatico. O come la misurazione del “blinking” e cioè della frequenza con cui si sbattono le palpebre, più alta quando si sta per piangere. Questi sistemi possono venire integrati da tecniche di eye tracking, in grado di dire cosa esattamente stanno inquadrando gli occhi del soggetto e di conseguenza di legare quello stimolo visivo con le risposte fisiologiche che si stanno misurando. Dotate entrambe di vantaggi e svantaggi, le tecniche di misurazione qualitative e quantitative vengono spesse integrate in modo da fornire un riscontro più preciso possibile.

 

ARTICOLI SIMILI:
Dipendenze e alcool: il craving è stimolato dal pensiero desiderante
Insegnare ai bambini a mangiare più frutta e verdura: un aiuto dalla psicologia