Uso patologico di Facebook: un modello di studio

Virtualizzazione, interconnessione, multimedialità, immediatezza: i social network hanno rivoluzionato il modo in cui comunichiamo e viviamo le relazioni sociali. Fra le tante piattaforme, la più diffusa è senza dubbio Facebook: a giugno 2017 ha superato la quota 2 miliardi di utenti nel mondo.

Molte persone traggono beneficio dal suo utilizzo, ottenendo un miglioramento della propria vita relazionale, ma alcune possono sviluppare comportamenti patologici: in questi casi si parla di Problematic Facebook UsePFU. Ma dove sta il confine tra un utilizzo sano o deviato di Facebook? E come si può capire se un soggetto ha probabilità di sviluppare un PFU? La ricerca Personality, motives and metacognitions as predictors of problematic Facebook Use in university students di Claudia Marino, Alessio Vieno, Antony C. Moss, Gabriele Caselli, Ana V. Nikčević e Marcantonio M. Spada propone un modello per spiegare e prevedere il fenomeno.

 

Problematic Facebook Use – PFU

Già dopo pochi anni dal lancio sul mercato di Facebook è stato osservato come alcuni utenti tendano a sviluppare un uso problematico del social network, ricavandone sofferenza a livello psicologico, sociale e lavorativo. La fascia di popolazione più colpita è quella dei giovani adulti, fra gli effetti negativi più osservati vi sono il peggioramento delle performance professionali o di studio, l’estremizzazione di sentimenti di gelosia nei confronti del partner e l’ossessione per la sorveglianza elettronica nelle relazioni interpersonali. Anche se non è ancora stato classificato come un disturbo, il PFU può essere considerato una forma di “cyber – relazione” nell’ambito delle Internet Addiction. In questo contesto può essere utilizzato come un indicatore di rischio per lo sviluppo di patologie vere e proprie tra cui depressione, ansia sociale e attaccamento patologico.

 

Un modello teorico

L’obiettivo della ricerca di Marino, Vieno, Moss, Caselli, Nikčević e Spada è sviluppare un modello teorico in grado di prevedere lo sviluppo del PFU nei giovani adulti partendo dall’analisi dei tratti della personalità, delle motivazioni all’uso di Facebook e dei fattori metacognitivi. Lo studio è il primo a prendere in considerazione questi fattori. Come schema di riferimento è stato adottato il Generalized Problematic Internet Use proposto da Caplan (2010), che già utilizza questi tre elementi. L’indagine ha coinvolto 815 studenti universitari italiani tra i 18 e 35 anni, sia maschi che femmine e provenienti da varie facoltà: a tutti loro è stato sottoposto un questionario online durante l’anno accademico 2015 – 2016. Personalità, motivazioni e metacognizioni sono stati a loro valutati secondo i modelli più aggiornati della letteratura internazionale.

 

Risultati utili alla pratica clinica

La ricerca è riuscita a dimostrare come le motivazioni a usare Facebook e gli aspetti metacognitivi siano in grado di prevedere il rischio di sviluppare un Problematic Facebook Abuse nei giovani adulti, aprendo incoraggianti possibilità per la prevenzione e la pratica clinica. In particolare è stato dimostrato il legame con il PFU di tre delle quattro motivazioni a usare Facebook (Coping, conformism, enhancement). Dal punto di vista dei tratti della personalità, invece, solo l’extraversion è direttamente legata al disturbo, mentre la stabilità emotiva può avere una connessione attraverso due categorie di motivazione (coping and conformism) e due fattori metacognitivi (negative beliefs about worry and cognitive confidence). La ricerca completa è scaricabile da Research Gate.