Espressione di un paese da sempre in bilico tra identità e sincretismo, orgoglio e umiltà, tradizione e modernità, la cultura giapponese è al tempo stesso esotica e familiare. In Italia molti suoi elementi sono arrivati attraverso l’enorme produzione di manga e anime: prodotto culturale di massa che in realtà trae ispirazione dalla cultura giapponese più profonda. Fra le opere che più hanno ispirato la creatività dei disegnatori contemporanei vi sono senz’altro le stampe di Utagawa Kuniyoshi, che raffigurano mondi visionari tratti da poemi e romanzi epici dove i protagonisti sono i celebri guerrieri samurai. Una grande mostra in corso al Museo della Permanente fino al 28 gennaio espone 165 silografie policrome provenienti dal Giappone.
La prima volta in Italia
La mostra “Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante” al Museo della Permanente è la prima realizzata in Italia su Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), uno dei maestri del genere ukiyoe: stampa su carta con matrici di legno che ebbe grande successo in Giappone tra Seicento e Ottocento, per poi esercitare una forte influenza anche sull’arte occidentale attraverso la moda del “giapponismo” diffusa tra gli Impressionisti. La sua fama è legata alle raffigurazioni degli eroi protagonisti del romanzo Suikoden, dove una banda di briganti difende il popolo dalle ingiustizie e dalla corruzione governativa. Le sue opere ritraggono paesaggi visionari, animali fantastici e personaggi mitici, come bellissime principesse e guerrieri samurai coperti di tatuaggi. Kuniyoshi fu uno dei massimi rappresentanti di un genere che ebbe grande influenza non solo sulla cultura giapponese, ma anche sull’immaginario pop contemporaneo.
Psicologia del samurai
Nel Giappone feudale i samurai erano una casta guerriera al servizio dei signori terrieri, specializzata nell’uso delle armi e delle arti marziali. Ma la loro arma più potente era la capacità di controllare la mente e dominare le emozioni: oltre all’addestramento militare, infatti, praticavano la meditazione e seguivano regole morali sistematicamente raccolte in trattati. Nel loro insieme, i precetti della filosofia samurai possono essere visti come un sistema di tecniche psicologiche finalizzate a mantenere calma e concentrazione in situazioni di enorme stress e pericolo, come appunto il combattimento e la guerra. Il metodo per raggiungere questo stato di lucidità estrema si basava essenzialmente su due vie: l’allenamento continuo e l’abitudine a pensare alla morte. In questo modo il guerriero otteneva la sensazione di essere preparato a qualsiasi minaccia e, al tempo stesso, la consapevolezza di non essere ancora giunto alla fine. Ancora oggi, elementi dell’addestramento psicologico samurai vengono utilizzati per aumentare le performance di sportivi e soldati.
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