La Prima Guerra Mondiale fu il primo conflitto moderno: tutto il potenziale tecnologico, scientifico e organizzativo che l’umanità aveva accumulato dalla Rivoluzione Industriale fu improvvisamente piegato a scopi bellici, trasformando l’Europa e il mondo in un inferno di trincee, bombardamenti e gas mortali. Tutto ciò che le migliori menti avevano pensato in periodo di pace e a fin di bene divenne un’arma carica. Il mondo come era stato non esisteva più: interi imperi sarebbero spazzati via e con loro tutta un’antica ferramenta di tradizioni e consuetudini, inutile quanto una carica a cavallo contro le mitragliatrici. Mentre tutto questo accadeva, nasceva la psicologia.
Psicologi di guerra
Neurologi, psichiatri e psicanalisti vennero arruolati nell’esercito e le loro conoscenze sul funzionamento della mente umana utilizzate per migliorare la performance dei soldati, con esiti molti discutibili. Il primo problema che i generali dovevano risolvere era il fatto che moltissimi soldati impazzavano: lo choc causato da una violenza mai vista prima era tale per cui molti uomini crollavano, i cosiddetti “scemi di guerra”. Un altro obiettivo era stanare i simulatori, coloro cioè che si fingevano pazzi per sfuggire al fronte: in questo caso si arrivò a elaborare raffinati quanto spietati metodi di tortura. Oltre a questo, c’era da organizzare la propaganda psicologica. Molti psicologi di allora, fra cui lo stesso Freud, accolsero lo scoppio delle ostilità con entusiasmo, pensando forse che il conflitto sarebbe stato rapido e non troppo doloroso, ma cambiarono radicalmente idea di fronte alla barbarie che si era scatenata. Una volta cessate le ostilità, Freud fu uno dei principali critici dei metodi brutali utilizzati dagli psicologi di guerra e, aspetto paradossale quanto portatore di speranza, la sua psicanalisi ebbe un grande successo nel mondo scientifico anglosassone, che durante la guerra si era trovato sul fronte opposto rispetto a quello austro-ungarico a cui Freud apparteneva.
La mostra a Palazzo Morando
Quest’anno cade il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, dal 15 marzo Palazzo Morando ospita la mostra Milano e la Prima Guerra Mondiale: 1917-1919, che rientra nel palinsesto culturale “Novecento italiano”. Protagonista dei grandi cambiamenti politici, economici dell’Italia di quegli anni, Milano fu direttamente coinvolta nel conflitto a partire dalla rotta di Caporetto dell’ottobre 1917, poiché da quella data, con l’esercito austroungarico che penetrava in territorio italiano, in città fu proclamato lo stato di guerra. Il percorso espositivo offre una panoramica sul ruolo cruciale di Milano nel conflitto presentando diversi documenti, soprattutto dell’Archivio delle Raccolte Storiche.
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