L’ambiente in cui viviamo costantemente ci sottopone all’influenza di diversi stimoli e sensazioni, in grado di produrre effetti differenti sul modo di agire personale. A tal proposito, esiste un ambito della psicologia, la psicologia ambientale, che si occupa nello specifico proprio di studiare il rapporto dell’individuo con l’ambiente fisico.
Il termine ambiente si riferisce sia agli ambienti costruiti, come case, scuole, uffici e strade, sia a quelli naturali, come parchi e territori coltivati e non. In ogni caso, l’ambiente è il perno attorno al quale ruota tutta la psicologia ambientale, poiché costituisce qualcosa in cui avvengono e si sviluppano le situazioni.
La psicologia ambientale, dunque, mira a individuare il rapporto tra le persone e gli aspetti sociali e fisici. Inoltre, cerca di comprendere come lo spazio possa influire sul comportamento dell’essere umano e in che modo lo condiziona. È una disciplina che vuole mettere in relazione l’uomo con il suo ambiente e il cittadino con le figure professionali di riferimento: architetti, urbanisti, amministratori, etc.
Storia della Psicologia Ambientale
La psicologia ambientale nasce all’inizio degli anni ’70 negli Stati Uniti da due discipline di studio già esistenti: la Psicologia Architettonica e la Geografia comportamentale. Lo scopo era di legare gli aspetti personali, quali pensieri, emozioni e comportamenti, ai processi ambientali.
Di conseguenza, proprio in questi anni, nacquero anche le due principali riviste del settore: Enviornment and Behavior (1969) e il Journal of Environmental Psychology (1981).
La psicologia ambientale ha diversi filoni di ricerca in cui si studiano sia gli effetti che l’ambiente ha sui possibili comportamenti dell’uomo sia le modalità con cui gli aspetti individuali influenzino il rapporto e il comportamento che l’individuo stabilisce nell’ambiente stesso.
Teorie di riferimento
Secondo gli autori Kaplan e Kaplan (1989) gli elementi di un paesaggio che attivano l’interesse dell’uomo sono:
- Coerenza: ovvero il grado di concordanza tra diversi aspetti dell’ambiente. Si tratta di valutare la sintonia esistente tra gli elementi presenti nell’ambiente, come uno stesso colore di case o forme simili di abitazioni.
- Leggibilità: che consiste nella facilità di incasellare gli elementi presenti in un ambiente in diverse categorie. Quindi, stili simili sono preferibili a forme diverse.
- Complessità: consiste nella variabilità di elementi che compongono una scena. A esempio, edifici posti a differenti altezze sono più interessanti rispetto a case tutte uguali disposte su un unico piano.
- Mistero: ovvero la quantità di informazioni nascoste che uno spazio può contenere come vie strette, irregolari, la presenza di angoli, siepi o muri che inducono nell’individuo un senso di esplorazione che manca invece nel caso di larghe visuali. Infatti, un paesaggio montuoso tende a essere percepito come più attraente di un paesaggio in pianura, poiché lo sguardo del viaggiatore scorge sempre nuove cose inaspettate.
Altri elementi in grado di incrementare l’attrattiva di un paesaggio sono la natura e la presenza di acqua.
Costa (2010) sostiene che l’elemento di maggiore attrattiva di un paesaggio sia il livello di naturalezza e la conseguente mancanza di contaminazione da parte dell’uomo. Inoltre, la presenza di acqua determina maggiore brillantezza e riflessione della luce, elementi che aumentano l’attrattiva.
Esistono luoghi in grado di attrarre l’interesse di molte persone perché presentano caratteristiche che li rendono universalmente belli e quindi preferenziali rispetto ad altri.
La bellezza di un luogo è in grado di influenzare il nostro benessere fisico e psichico quotidiano. Le emozioni positive derivanti dalla bellezza del posto possono influenzare il nostro stato di salute. Secondo Koger (2010), avere un affaccio su un parco genera un migliore stato di salute e se così non fosse allora si potrebbero presentare stati di maggiore malessere, quali ansia e depressione. Insomma, la bellezza ambientale pare sia una condizione necessaria per migliorare la qualità della vita. Per questo vivere nel verde, migliorerebbe le funzionalità dell’amigdala, attenuando lo stress derivante da una giornata lavorativa.
Di cosa si occupa la psicologia ambientale
La Psicologia Ambientale studia e analizza il comportamento umano, i pensieri e gli affetti che lo determinano, in relazione all’influenza degli stimoli ambientali; in sostanza studia i luoghi entro cui l’uomo vive e agisce.
La psicologia ambientale è una psicologia dello spazio, nonostante recentemente si occupi anche delle analisi delle comunità e delle problematiche ad esse connesse.
Il luogo, lo spazio, rappresenta l’unità dell’interazione tra uomo e ambiente. Per questo, quando si eseguono delle ricerche si considera sempre l’interazione di tre componenti tipiche: gli attributi fisici; le attività che le persone svolgono all’interno dello spazio; le rappresentazioni cognitive derivanti dalla relazione con l’ambiente.
La psicologia ambientale, dunque, rileva sia gli aspetti cognitivo-percettivi nella relazione individuo-ambiente, sia quelli affettivi ed emotivi che legano l’individuo a determinati spazi.
Una delle aree di studio della psicologia ambientale è l’Environmental Assesment: essa comprende la valutazione delle qualità affettive dell’ambiente e l’interazione tra le azioni dell’individuo e le informazioni proveniente dall’ambiente stesso.
Un altro ambito di studio è quello in cui si esaminano gli aspetti cognitivo-percettivi, come il Cognitive Mapping, ovvero le capacità di acquisire e utilizzare delle conoscenze spaziali nella vita quotidiana.
La Psicologia Ambientale Applicata
Gli psicologi che operano in tale ambito lavorano anche per motivare la nascita di una coscienza ambientale nelle persone. Per cui il lavoro degli psicologi ambientali si basa sulla pianificazione urbana delle città, favorendo la progettazione di ambienti che salvaguardino la salute dell’uomo e il rispetto dell’ambiente.
Gli psicologi che lavorano nell’ambito delle scienze ambientali studiano le dinamiche delle interazioni uomo-ambiente che vanno dagli ambienti naturali a quelli costruiti, oppure analizzano come i contesti sociali e culturali specifici influenzino la salvaguardia dell’ambiente.
Gli psicologi ambientali applicano la ricerca scientifica per migliorare le interazioni tra individuo e il luogo che lo circonda. Questo tipo di ricerca ha lo scopo di ottenere risposte rispetto ai rischi naturali e tecnologici presenti su un territorio, oppure cerca di individuare le motivazioni o i comportamentali che porterebbero alla diffusione di alcune difficolta’ psicopatologiche legate all’ambiente.
Bibliografia
Baroni, M. R. (2008). Psicologia ambientale. Il Mulino, Bologna.
Costa. M. (2010) Psicologia ambientale e architettonica, Come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento. Franco Angeli, Milano
Garling T., Book, A. e Lindiberg. E. (1984) Cognitive Mapping of large-scale environments: The interrelationship of action plans, acquisition and orientation. Environment and Behavior, 16, 33-34
Kaplan e Kaplan (1989) The visual environment: Public participation in design and planning. Journal of social Issues, 45, 59-86
Kaplan, S. (1983) A model of person-environment compatibility. Environment and Behavior, 15, 311-332.
Koger, S. M., Winter, D. D. (2010). The Psychology of Environmental Problems: Psychology for Sustainability. Psychology Press, New York.
Moser, G., Uzzell, D. (2003). Environmental Pychology. In: T. Million, M. J. Lerner (Eds.), “Comprehensive handbook of psychology” (Vol. 5, pp. 419-45), Personality and Social Psychology, John Wiley & Sons, New York.