Curare i disturbi da dipendenza grazie alla teoria del Rimuginio Desiderante

I disturbi da dipendenza da sostanze, internet e gioco d’azzardo trovano una cura molto valida nella psicoterapia cognitiva comportamentale, considerata universalmente lo strumento di prima scelta in questi casi. Nel corso della terapia, però, spesso si presentano rischi di ricadute alimentati dal Craving: una forma di desiderio involontario della sostanza o del comportamento talmente intensa da risultare dolorosa e angosciante. Il Craving, a sua volta, può essere innescato dal Rimuginio Desiderante: una sorta di dialogo interiore intrapreso volontariamente dal soggetto per “autoconvincersi” dei benefici derivanti dal soddisfare il proprio desiderio “proibito”.

Pur nelle sue analogie e nei suoi legami con altri processi interiori legati al desiderio e al rimuginio, il Rimuginio Desiderante ha alcune caratteristiche distintive tra cui in primis la volontarietà e la propensione all’azione concreta. Un secondo aspetto è il suo essere composto da due fasi e cioè la Prefigurazione Immaginativa e la Perseveranza Verbale: la prima è una forma di fantasticheria sull’oggetto desiderato, mentre la seconda è una specie di monologo che porta il soggetto a cedere progressivamente al desiderio. Una terza caratteristica del Rimuginio Desiderante, infine, è il suo essere influenzato dalle Metacognizioni e cioè dalle idee che il soggetto desiderante stesso nutre a proposito del suo stesso desiderio o, meglio, del Rimuginio Desiderante. Uno studio ha analizzato nel dettaglio questi concetti, indagandone in particolare le applicazioni terapeutiche nella cura dei disturbi da dipendenze.

 

Nuove applicazioni terapeutiche per la cura dei disturbi da dipendenze

Lo studio “Desire thinking: a New Target for Treatment of Addictive Behaviors?”, pubblicato nel 2016 da Gabriele Caselli – Sigmund Freud University e Marcantonio Spada – London South Bank University analizza in profondità il concetto di Rimuginio Desiderante e il suo ruolo nei disturbi da dipendenza, spiegando in particolare l’utilità terapeutica. Dopo una parte introduttiva in cui si descrivono le due componenti, Prefigurazione Immaginativa e Perseveranza Verbale, viene analizzato il processo secondo cui il Pensiero Desiderante è in grado di innescare il Craving e si prosegue spiegando le differenze con le altre forme di pensiero continuato come il rimuginìo e la preoccupazione, le basi neuro-biologiche e le interpretazioni che legano il Pensiero Desiderante a deficit nel sistema di autocontrollo. Si passa poi ad analizzare il ruolo giocato dalle Metacognizioni e cioè delle idee che il soggetto si forma a proposito del Rimuginio Desiderante stesso, distinguendo tra Metacognizioni positive e Metacognizioni negative: le positive entrano in gioco nell’innescare il processo, le negative nel suo mantenimento. In altre parole, quando un ciclo di Pensiero Desiderante inizia, il soggetto prima pensa che fantasticare sull’oggetto desiderato sia una cosa positiva, mentre successivamente ritiene di non poter controllare il proprio desiderio.

Proprio partendo dal ruolo giocato dalle metacognizioni nel Rimuginio Desiderante si aprono le prospettive più interessanti dal punto di vista terapeutico, trattate nell’ultima parte dell’articolo. Qui gli autori spiegano come sia proprio agendo sul piano delle metacognizioni che un terapeuta può disinnescare la tendenza nel soggetto ad abbandonarsi al Pensiero Desiderante, che a sua volta porterebbe al Craving e quindi a un rischio di ricaduta.

 

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