Teresa Margolles: la morte come estetica

Teresa Margolles è un’artista concettuale che utilizza la fotografia per esprimere ed esorcizzare il tabù della morte in una società, come quella sudamericana e in particolare messicana, sempre più dominata dal crimine organizzato. Nata nel 1963 nello stato di Sinaloa, Messico del nord, ha respirato la violenza nelle strade fin dal piccola, per poi vederla letteralmente esplodere negli anni Novanta e Duemila con la guerra fra i cartelli della droga. Come reazione estetica all’orrore, Teresa Margolles ha scelto la violenza e la morte come filtro attraverso cui descrivere il mondo per denunciarne le ingiustizie e diseguaglianze economiche. Fino al 20 maggio il PAC ospita la sua prima mostra personale in Italia, in occasione della Milano Art Week e di Miart. Lo stile della Margolles è un realismo molto crudo: il tema-limite della morte è espresso attraverso pochissimi elementi, ma dal forte impatto.
 

Esprimere il lutto

La morte rappresenta il tabù più forte, la paura più profonda. Nella società occidentale basata su una fede ottimistica in un progresso materiale teoricamente infinito, l’idea di fine è quasi del tutto rimossa. Se nel mondo avanzato la morte è sicuramente ispirazione, quasi onnipresente, di spettacolo, in realtà non è quasi più motivo di riflessione vera. Questa visione del mondo, di per sé positiva, rende però complesso affrontare e superare il lutto, componente normale della vita. La morte è invece molto presente nelle culture tradizionali, anche europee: ad esempio nell’arte sacra barocca si arrivò a utilizzare le ossa dei defunti per arredare le chiese. Una cultura che ha un rapporto molto stretto, quasi familiare, con la fine della vita è proprio quella messicana, un mondo simbolico estremamente complesso in cui il cristianesimo spagnolo si intreccia con le culture precolombiane, maya e azteca: entrambi portatori di una spiritualità molto corporea, da un lato il martirio di Gesù, dall’altro il culto del Sole alimentato dal sangue dei sacrifici. Un esempio di questa familiarità messicana con la morte è il Dia de los muertos, un vero e proprio carnevale celebrato nel Giorno dei Defunti e a Ognissanti, 1 e 2 novembre, in cui le persone si truccano come scheletri e sfilano per la città, riproducendo la credenza popolare che in quel giorno i morti tornano a vivere e chiedono di essere ricordati bevendo, mangiando e facendo festa.
 

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