Gli studenti universitari si trovano in un periodo cruciale della loro vita in cui passano dall’adolescenza all’età adulta e devono prendere molte decisioni importanti per il loro futuro. Durante questa fase, possono subire enormi pressioni, pensiamo allo stress del mantenere un buon rendimento accademico, alla competizione, all’impegno per ottenere le borse di studio. Spesso devono adattarsi a un ambiente nuovo, ad un differente metodo di studio, devono abituarsi a nuove città e allontanarsi da casa, dagli amici e dai famigliari. Tutti questi fattori provocano ansia e depressione in molti studenti.
Molti studi scientifici hanno osservato che la depressione è più diffusa tra gli studenti universitari (ne soffrirebbe circa il 30%) rispetto alla popolazione generale e che, insieme ai disturbi d’ansia, è la causa principale che porta gli studenti a chiedere un sostegno psicologico.
Per molti studenti universitari, la depressione non solo induce profonda tristezza, solitudine, sentimenti di inadeguatezza e rabbia, ma talvolta è associata a ideazione suicidaria, abuso di sostanze, isolamento sociale, uso massiccio della tecnologia e problemi fisici.
Per fare una diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore devono essere presenti una serie di sintomi da almeno due settimane, ed uno di essi deve essere umore depresso o una perdita di interesse, di piacere. In questi termini la depressione è una sindrome che coinvolge, non solo aspetti emotivi, ma anche cognitivi, psicomotori e neurovegetativi. Quando si parla di umore deflesso si intende profonda tristezza, sentimenti di inadeguatezza, vissuti di colpa o perdita, incapacità di trarre piacere dalla vita quotidiana, appiattimento delle emozioni e ansia. Dal punto di vista cognitivo possiamo trovare difficoltà di concentrazione e di apprendimento, rallentamento nell’ideazione e nel linguaggio, indecisione. I sintomi neurovegetativi più comuni possono riguardare: disturbi del sonno, perdita o incremento di peso, perdita di interesse per l’attività sessuale; mentre l’attività psicomotoria è rallentata o si osserva agitazione. Non sempre è presente questa costellazione di sintomi, anche la sola presenza di umore deflesso merita accurata attenzione perché può interferire con il normale funzionamento quotidiano dello studente dal punto di vista relazionale e scolastico.
Nelle persone depresse spesso sono presenti pensieri automatici negativi su sé stessi (“Non valgo niente!”), sul mondo (“Gli altri non mi capiscono!”) e sul futuro (“Rovinerò tutto!”). Spesso si fa riferimento ad alcuni doveri che si sente di dover assolvere (“Non devo sbagliare, perché se fallisco in qualcosa vuol dire che sono un fallito!”). Questi pensieri sono sostenuti e alimentati da alcuni errori cognitivi come per esempio l’ipergeneralizzazione (“Non ho superato l’esame non riuscirò mai a finire l’università e a laurearmi”), la minimizzazione dei successi (“è solo fortuna, ho passato l’esame ma è stato solo perché ho avuto fortuna!”), il pensiero dicotomico (“se non prendo il massimo dei voti sono veramente un fallimento”), la tendenza all’autoaccusa o a prendersi la colpa (“è tutta colpa mia che non ho superato l’esame perché sono incapace”). Più questi pensieri diventano presenti e insistenti, più la persona si sente triste ed è portata a fare meno. In questo modo si rinforza l’idea di sé come incapace, creando un circolo vizioso.
La depressione tra gli studenti universitari è un grave problema e si evidenzia la necessità di fornire interventi adeguati al fine di aiutare gli studenti a superare questi momenti di difficoltà. La Terapia Cognitivo Comportamentale, praticata presso i Servizi Clinici Universitari della Sigmund Freud University, si configura come un approccio efficace nel migliorare i sintomi depressivi agendo sia sui pensieri sia sui comportamenti che mantengono il circolo vizioso.
A cura della dott.ssa Martina Spelta, psicoterapeuta
Bibliografia e fonti
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