Giornata della Memoria

Ricordare per comprendere: il significato della Giornata della Memoria

La Giornata della Memoria, celebrata ogni 27 gennaio, è un momento di riflessione collettiva dedicato a ricordare le vittime dell’Olocausto. Questa ricorrenza non è soltanto un richiamo alla storia, ma anche un’occasione per interrogarsi sui meccanismi sociali e psicologici che hanno reso possibili tali tragedie. Comprendere le radici del pregiudizio, dell’odio e dell’intolleranza è essenziale per evitare che errori simili si ripetano.

Tra le discipline che offrono un contributo fondamentale a questa comprensione, la psicologia sociale, la sociologia e la filosofia ci aiutano a esplorare le dinamiche alla base del pregiudizio, evidenziando come fattori sociali, economici e psicologici possano alimentare l’esclusione e l’odio verso determinati gruppi.

Il contributo della psicologia sociale e della sociologia

Il pregiudizio non nasce nel vuoto, ma è il risultato di complesse dinamiche sociali che riflettono e rafforzano le disuguaglianze di potere e status. Uno dei principi fondamentali è che le differenze di status sociale non solo generano il pregiudizio, ma lo alimentano per giustificare tali disparità. Secondo il modello del contenuto degli stereotipi (Fiske et al., 1999), chi occupa una posizione dominante tende a percepire maggiore competenza in chi ha potere e a mostrare simpatia verso coloro che accettano passivamente uno status inferiore, non percependoli come una minaccia.

La schiavitù, il colonialismo e altre forme di oppressione storica sono esempi di come il pregiudizio sia stato usato per legittimare gerarchie sociali. I politici del XVI secolo, ad esempio, descrivevano i popoli colonizzati come inferiori, giustificando così lo sfruttamento economico e il dominio culturale (Allport, 1958). Anche oggi, chi presenta un forte orientamento al dominio sociale tende a sostenere politiche che perpetuano le disuguaglianze, come il taglio delle tasse per i più ricchi o l’opposizione a politiche di inclusione.

Un’altra importante fonte del pregiudizio è la socializzazione. Gli atteggiamenti pregiudizievoli vengono spesso appresi fin dall’infanzia, attraverso l’influenza dei genitori e delle istituzioni sociali, che trasmettono valori e norme di discriminazione (Sinclair et al., 2004). Questi atteggiamenti possono poi rafforzarsi nei contesti in cui il conformismo sociale e la ricerca di accettazione giocano un ruolo centrale.

Infine, le ricerche di Adorno (1950) sulla personalità autoritaria evidenziano come alcuni tratti individuali – come l’intolleranza verso la debolezza, il rispetto remissivo per l’autorità e un bisogno di controllo rigido – possano predisporre le persone a sviluppare pregiudizi verso chi è percepito come “diverso”. Questi tratti, spesso frutto di un’educazione severa e repressiva, creano individui inclini a sottomettersi a chi è al potere e a proiettare ostilità sugli outgroup – i membri di un gruppo esterno.

Comprendere le dinamiche sociali e psicologiche che alimentano il pregiudizio è fondamentale per affrontare il passato, ma anche per costruire una cultura della memoria che impedisca il ripetersi di simili tragedie. In questo contesto, le “pietre di inciampo” rappresentano un esempio concreto di come la riflessione storica possa essere integrata nella vita quotidiana, trasformando lo spazio urbano in un luogo di consapevolezza e ricordo.

Le pietre di inciampo: un memoriale per riflettere

Le pietre di inciampo, o Stolpersteine, sono un progetto europeo dell’artista tedesco Gunter Demnig che mira a mantenere viva la memoria delle vittime del nazismo in modo tangibile e quotidiano. Questi piccoli blocchi in ottone, incastonati nei marciapiedi davanti alle ultime abitazioni delle vittime, riportano nome, data di nascita e, spesso, il luogo e la data di deportazione o morte.

Il nome stesso delle pietre invita simbolicamente a “inciampare” con la mente e il cuore, interrompendo la quotidianità per riflettere sulla vita di chi è stato strappato alla propria casa e comunità (Gould & Silverman, 2013). Ogni pietra rappresenta una storia unica e personale, ricordandoci che l’Olocausto non è solo una tragedia collettiva, ma anche una somma di vite individuali spezzate.

A differenza dei grandi monumenti, le pietre di inciampo localizzano la memoria collettiva nei luoghi della vita quotidiana. Questo approccio, che fonde il ricordo personale e collettivo, coinvolge i passanti in un’esperienza diretta di riflessione (Gould & Silverman, 2013). Non sono solo un ricordo del passato, ma un invito costante a interrogarsi sulle cause dell’odio e a costruire un futuro più inclusivo e rispettoso delle differenze.


A cura di Alessandro Ocera, MSc e dottorando di ricerca presso la Sigmund Freud University.


Bibliografia

Adorno, T. W., Frenkel-Brunswik, E., Levinson, D. J., & Sanford, R. N. (1950). The authoritarian personality. Harpers.

Allport, G. W. (1958). Personality: normal and abnormal. The Sociological Review, 6(2), 167–180. https://doi.org/10.1111/j.1467-954x.1958.tb01072.x

Fiske, S. T., Xu, J., Cuddy, A. C., & Glick, P. (1999). (Dis)respecting versus (Dis)liking: Status and interdependence predict ambivalent stereotypes of competence and warmth. Journal of Social Issues, 55(3), 473-489. https://doi.org/10.1111/0022-4537.00128

Gould, M., & Silverman, R. (2013). Stumbling upon history: collective memory and the urban landscape. GeoJournal, 78, 791-801. https://doi.org/10.1007/S10708-012-9466-6.

Sinclair, S., Dunn, E., & Lowery, B. (2004). The relationship between parental racial attitudes and children’s implicit prejudice. Journal of Experimental Social Psychology, 41(3), 283–289. https://doi.org/10.1016/j.jesp.2004.06.003