Il percorso Bye bye butterfly per ridurre ansia sociale, ansia da prestazione e ansia da esame

Il percorso Bye bye butterfly per ridurre ansia sociale, ansia da prestazione e ansia da esame

Situazioni sociali: che vergogna!

In tutte le situazioni sociali, anche quelle apparentemente più rilassate, vi è sempre una certa misura di giudizio, di competizione, di possibile rifiuto: e siccome tutti vogliamo – giustamente – vederci confermati nel nostro desiderio di essere accettati dagli altri, è più che normale provare una piccola dose d’ansia in queste situazioni. Tuttavia, se iniziamo a sopravvalutare la possibilità di essere disapprovati dagli altri (focalizzandoci eccessivamente sull’atteggiamento di chi ci ascolta) e a dare troppo peso alle nostre supposte mancanze, soffermandoci su alcune idee distorte e disfunzionali, quelle situazioni che inizialmente potevano semplicemente intimidirci rischiano di diventare assolutamente intollerabili, e la nostra naturale timidezza può trasformarsi in un’ansia invalidante (Ruggiero & Sassaroli, 2013). Inoltre, più il timore del giudizio altrui diventa forte, più possono insorgere reazioni fisiologiche di vergogna (come rossori, sudorazione o pause nel parlare) quando interagiamo con altre persone, catturando eccessivamente la nostra attenzione e facendoci sentire ancora di più a disagio, sperando in tutti i modi che gli altri non se ne accorgano: in altre parole, possiamo iniziare a vergognarci delle manifestazioni della nostra stessa ansia (Heimberg et al., 1995)!

Quando l’ansia si concentra sulla performance

A volte, il timore di essere giudicati dagli altri si fa sentire con particolare forza solamente nelle situazioni in cui dobbiamo mettere in atto una prestazione, ad esempio quando dobbiamo sostenere una presentazione davanti a un gruppo di persone o affrontare un esame universitario. Anche in questo caso, una piccola dose d’ansia è più che normale, e anzi è addirittura utile: infatti, come illustrato dalla curva dell’ansia di Yerkes e Dodson (1908) – che descrive il rapporto tra ansia e prestazione con una sorta di U rovesciata – quando proviamo ansia entro un certo livello si è più concentrati, più capaci di memorizzare, più veloci nell’elaborare le informazioni. Tuttavia, quando l’ansia diventa eccessiva, la nostra prestazione collassa, perché il livello di attivazione è troppo elevato e “andiamo in tilt”. Ancora una volta, la tendenza a focalizzarci su alcune idee distorte (ad esempio, “Se questo esame va male significa che sono un fallito”) può trasformare un’attivazione sana e adattiva in un’ansia intollerabile e invalidante, magari portandoci nel tempo a evitare le situazioni temute. E anche se evitare tali situazioni comporta nell’immediato una diminuzione dell’ansia, a lungo termine non fa altro che mantenerla, rendendola ancora più intollerabile quando la situazione temuta si ripresenta.

Un esempio pratico

Tra una settimana dovrai sostenere un esame universitario: un esame orale, il che lo rende ancora più difficile. Stai studiando, quando inizi a soffermarti su una serie di pensieri relativi all’esame: “Questo esame deve andare bene per forza, se dovesse andare male significa che sono uno stupido. Devo assolutamente fare una buona impressione sul professore, se no penserà che non valgo niente. E se non fossi abbastanza preparato? E se non gli spiegassi bene un concetto? E se mi impappinassi mentre rispondo? Farei una figura terribile!”. Rimani intrappolato in questa spirale di pensieri, che ti fanno provare così tanta paura di non essere abbastanza pronto che decidi di togliere l’iscrizione all’appello e di dare l’esame durante la prossima sessione (“Così avrò più tempo per prepararmi meglio!”).

Il tempo passa e arriva l’appello successivo. Ti prepari per l’esame con non poca fatica, perché già mentre studi provi una forte dose d’ansia, che influisce negativamente sulla tua concentrazione (la tua mente, infatti, si sposta costantemente dal contenuto degli appunti ai pensieri su quanto l’esame potrebbe andare male). Arriva il giorno dell’esame, e ti rechi in università in preda all’ansia, che ti fa sentire lo stomaco sotto sopra e le gambe molli. Quando giunge il tuo turno, vai a sederti davanti al professore con il fiato corto e il cuore che sembra voler uscire dal petto, ed è sufficiente sentir pronunciare la prima domanda perché il tuo viso inizi ad arrossarsi e a diventare caldo (“Aiuto, cominciamo male! Sicuramente il professore vedrà che sono arrossito e che mi tremano le mani… chissà cosa penserà?”). Inizi a rispondere, ma l’ansia è talmente forte che fai fatica a scandire bene le parole, temi di balbettare, hai bisogno di fare delle pause mentre parli: “Ma che figura sto facendo? Solo uno stupido può impappinarsi così a un esame… oddio, il professore mi ha guardato in modo strano, sicuramente sta pensando che non mi sono preparato abbastanza e che questo esame è un disastro… non avrei dovuto presentarmi!”. Ed ecco che, invece che aiutarti ad essere più preparato, evitare l’esame perché ti provocava troppa ansia non ha fatto altro che aumentarla.

In cosa consiste il percorso Bye bye butterfly?

Se ti senti bloccato dall’ansia e dal timore del giudizio durante le interazioni con gli altri o quando devi affrontare una performance (come un esame o una presentazione), il percorso Bye bye butterfly potrebbe fare al caso tuo. Si tratta di un percorso di supporto psicologico rivolto ai giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, durante il quale imparerai a riconoscere e mettere in discussione quei pensieri che contribuiscono a mantenere viva l’ansia, costruendo la tua “cassetta degli attrezzi” attraverso tecniche pratiche per fronteggiare le situazioni che ti spaventano senza sentirti sopraffatto.

Per maggiori informazioni, non esitare a contattarci!


A cura di Silvia Carrara, MSc e dottorando di ricerca presso la Sigmund Freud University.


Bibliografia

Heimberg, R. G., Liebowitz, M. R., Hope, D. A., & Schneier, F. R. (1995). Social Phobia: Diagnosis, Assessment, and Treatment (1° edizione). Guilford Press.

Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2013). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Raffaello Cortina Editore. https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/giovanni-m-ruggiero-sandra-sassaroli/il-colloquio-in-psicoterapia-cognitiva-9788860305701-1457.html

Yerkes, R. M., & Dodson, J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation. Journal of Comparative Neurology and Psychology, 18(5), 459–482. https://doi.org/10.1002/cne.920180503