Che cos’è la procrastinazione?
La procrastinazione è quella tendenza a rimandare volontariamente, nonostante le prevedibili conseguenze negative, l’inizio, lo svolgimento o il completamento di compiti o attività che sarebbe nell’interesse della persona svolgere nell’immediato (Fernie et al., 2015; Salvatori, 2017; Steel, 2007), nonché il posticipare una decisione da prendere in un determinato periodo di tempo, soprattutto in circostanze stressanti (Effert & Ferrari 1989), avendo il timore di compiere scelte inadeguate e insoddisfacenti (Giusti, 2013). L’individuo sostituisce attività prioritarie e importanti con attività piacevoli o compiti meno rilevanti o urgenti: procrastinare consente di guadagnare un immediato sollievo, il quale funge da rinforzo e così aumenta la probabilità di rinviare in futuro (Salvatori, 2017). Tuttavia, in seguito, la persona percepirà maggiormente la pressione dovuta all’ammontare dei compiti, emergeranno colpa, tristezza, vergogna e preoccupazione (Steel, 2011), e una tendenza ad autosvalutarsi; ciò, riducendo la motivazione, faciliterà il temporeggiamento la volta successiva (Ramirez-Basco, 2010). Molte persone procrastinano: alcuni intenzionalmente e consapevolmente, altri percepiscono la procrastinazione come involontaria (Fernie et al., 2016b); alcuni tendono a procrastinare nella maggior parte delle aree di vita, altri invece in situazioni specifiche (Klingsieck, 2013).
“Domani studio”: perché gli studenti sono coloro che più procrastinano?
Se la procrastinazione riguarda il 20% degli adulti, negli studenti – soprattutto universitari – il tasso di prevalenza raggiunge addirittura il 70% (Fernie et al., 2016a). In questo caso parliamo di procrastinazione accademica, ovvero il ritardo volontario dell’avvio o del completamento di attività di studio importanti e urgenti entro i tempi previsti o desiderati, nonostante l’aspettativa di un peggioramento nel rendimento accademico (Steel & Klingsieck, 2016). L’avversione per il compito, la pressione dovuta alle numerose richieste accademiche e la paura di fallire sembrano essere tra le cause più comuni di procrastinazione: gli studenti spesso rimandano lo studio per i compiti in classe e per gli esami, la stesura di tesine e il completamento di compiti settimanali (Giusti, 2013; Rothblum et al., 1986; Steel, 2007). Spesso gli studenti posticipano quei compiti che generano maggiore ansia, motivo per cui la procrastinazione sembra una strategia di regolazione degli stati interni spiacevoli (Fernie et al., 2015). Paradossalmente, procrastinare i propri doveri aumenta il quantitativo dei compiti e porta la persona a percepire una maggiore pressione dovuta al tempo limitato a disposizione (Jackson et al., 2003). Ad esempio, uno studente si ritroverà a studiare all’ultimo minuto svariati libri per un esame e molto probabilmente otterrà una prestazione non ottimale (Steel, 2007). Non a caso, la procrastinazione accademica risulta essere associata ad un rendimento accademico insoddisfacente, nonché ad una salute mentale compromessa, come ansia e depressione (Hen & Goroshit, 2018; Stöber & Joormann, 2001).
Il trattamento della procrastinazione
Sebbene non vi siano protocolli di comprovata efficacia per il trattamento della procrastinazione, la terapia cognitivo comportamentale (CBT) è spesso indicata come trattamento di elezione (Salvatori, 2017). Studi dimostrano che i pensieri automatici negativi (“non sono abbastanza intelligente”, “farò un disastro”), le credenze negative su di sé (“sono inadeguato”) e sul mondo (“il mondo è troppo difficile da affrontare”), le convinzioni perfezionistiche e le doverizzazioni (“devo svolgere il compito alla perfezione”) e la visione catastrofica del fallimento possono condurre a dubitare delle proprie abilità, prestazioni e risorse, impattando negativamente sulla motivazione e predisponendo alla procrastinazione (Ramirez-Basco, 2010; Schraw et al., 2007; Stöber & Joormann, 2001). Ma non solo, le convinzioni metacognitive sulla procrastinazione (“è incontrollabile”, “lavoro meglio sotto pressione”) alimentano ulteriori temporeggiamenti e, conseguentemente, spesso la procrastinazione genera la ruminazione (“se avessi perso meno tempo…”) che produce autosvalutazioni (Flett et al., 2012).
Per questi motivi, un lavoro terapeutico mirato sembra essere fondamentale. I Servizi Clinici Universitari della Sigmund Freud University offrono a tutti gli studenti e giovani dai 18 ai 30 anni un percorso di consulenza psicologica specifico per ridurre la procrastinazione: “Prima o poi lo faccio”.
A cura di Martina Gori MSc Sigmund Freud University e tirocinante presso Studi Cognitivi.
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Bibliografia
Effert, B. R., & Ferrari, J. R. (1989). Decisional procrastination: Examining personality correlates. Journal of Social Behavior and Personality 4, 151-156.
Fernie, B. A., Bharucha, Z., Nikčević, A. V., Marino, C., & Spada, M. M. (2016a). A Metacognitive model of procrastination. Journal of Affective Disorders, 210, 196–203. https://doi.org/10.1016/j.jad.2016.12.042
Fernie, B. A., Bharucha, Z., Nikčević, A. V., & Spada, M. M. (2016b). The Unintentional Procrastination Scale. Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 35(2), 136–149. https://doi.org/10.1007/s10942-016-0247-x
Fernie, B. A., McKenzie, A.-M., Nikčević, A. V., Caselli, G., & Spada, M. M. (2015). The Contribution of Metacognitions and Attentional Control to Decisional Procrastination. Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 34(1), 1–13. https://doi.org/10.1007/s10942-015-0222-y
Flett, G. L., Stainton, M., Hewitt, P. L., Sherry, S. B., & Lay, C. (2012). Procrastination Automatic Thoughts as a Personality Construct: An Analysis of the Procrastinatory Cognitions Inventory. Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Therapy, 30(4), 223–236. https://doi.org/10.1007/s10942-012-0150-z
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